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Sermoni dal libro di Giobbe

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2011 16:27
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29/05/2011 10:57

In realtà, per Giobbe dire questo a sua moglie era un modo per aiutarla a riconoscere la sua stoltezza, affinché avesse potuto ravvedersi. Giobbe presume il bene, presume che la moglie non sta pensando bene a quello che dice, presume che non viene veramente dal suo cuore, e così Giobbe non condanna lei ma solamente le cose di cui stava parlando)

Anche in questo, Giobbe è un ottimo esempio per noi. Quanto spesso arriviamo ad offendere e disprezzare qualcuno con le nostre parole. Spesso ci giustifichiamo nella nostra mente perché secondo noi la persona merita il disprezzo per come si è comportata. Però, non spetta a noi disprezzare. Lasciamo quello a Dio. Non attacchiamo la persona, ma come faceva Giobbe, attacchiamo il comportamento sbagliato.

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Accettiamo sia il bene che il male
Poi, nonostante la sua sofferenza, nonostante il disprezzo da parte della moglie, Giobbe cerca di aiutarla a capire che è importante accettare quello che Dio ci dà. Egli dichiara: se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?

Questa è una verità importantissima! Carissimi, a noi serve questa verità! Quindi, valutiamo attentamene quello che Giobbe dichiara qua!

Qual' è quella persona che non accetta il bene da Dio senza problemi? Giobbe capiva, come anche noi dobbiamo capire e ricordare, che ogni bene viene da Dio, eppure non abbiamo fatto nulla per meritare alcun bene da Dio. Perciò noi non meritiamo i numerosi beni che riceviamo. Se Dio dovessi trattarci solo con giustizia, non riceveremmo alcun bene. Però Dio non ci tratta solo con giustizia, ma piuttosto fa abbondare su tutti gli uomini la sua grazia naturale. Manda il sole e la pioggia su tutta la terra, non solo sui buoni, non solo su quelle persone che hanno fede in Lui ma su tutti.
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Quindi, se volessimo agire in modo da voler solo la giustizia di Dio, non dovremmo accettare i beni da lui. Quindi, con la sua domanda Giobbe, egli fa notare alla moglie che nessuno rifiuta il bene da Dio. Accettiamo ben volentieri quello che Dio decide di darci in bene, fidandoci di Lui.

Allora, se ci fidiamo di Dio quando ci manda del bene, perché non dovremmo fidarci di Dio quando ci manda del male?

In realtà, non solo non meritiamo il bene da Dio, ma meriteremmo il male. Quindi, se pensassimo solamente nei termini di quello che meritiamo, dovremo accettare il male e non il bene. Ma nessuno fa questo.

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29/05/2011 10:57

Quando noi ci lamentiamo a causa dei mali che riceviamo, sia che si tratta di lamentarci in modo visibile con gli altri, o che si tratti di lamentarci solamente nella mente e nel cuore, siamo insensati e stolti, come la moglie di Giobbe. Lamentarci è un grave peccato contro Dio, perché è ipocrisia, perché vuol dire accettare i beni che non meritiamo per poi lamentarci del male che arriva quando in realtà meritiamo infinitamente peggio di questo. Cristo ha preso il male eterno che meritavamo in modo che non ci arrivasse mai. Come possiamo lamentarci quando arrivano dei leggeri e brevi mali, che non sono paragonabili al peso eterno di gloria che Dio ha riservato per noi?

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29/05/2011 10:58

Questo versetto è uno delle verità più importante nel libro di Giobbe! Oh che Dio possa farci riconoscere quanto il lamentarci o non accettare con un buon cuore il male è un grave peccato.

Nel Nuovo Testamento, l'atteggiamento di Giobbe che vediamo qua viene chiamato mansuetudine. Essere mansueto vuol dire accettare con pace e umiltà quello che la provvidenza di Dio manda nella tua vita. In questo capitolo Giobbe è un esempio chiarissimo di che cos'è la mansuetudine. Non essere mansueto è un grave peccato, essere mansueto ti porta più vicino a Dio.

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Tu sei mansueto? Altrimenti, riconosci il fatto di non essere mansueto come un peccato! Ravvediti ogni volta che capisci che non se sei mansueto, e con l'aiuto di Dio, cresci in questo attributo importante nella vita di ogni vero credente.

la grandezza della sofferenza
Negli ultimi tre versetti di questo capitolo, tre amici vengono a trovare Giobbe per fargli le condoglianze e consolarlo. Andando avanti in Giobbe, scopriremo che non sono stati un incoraggiamento per lui. Però erano venuti con quello scopo. Voglio notare la loro reazione quando videro la profondità della sofferenza di Giobbe.

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29/05/2011 10:58

Una cosa è sentir parlare delle sofferenze di qualcuno, un altro vederle per conto nostro. Spesso, noi vediamo o sentiamo parlare nelle notizie di sofferenze nel mondo. Però, è tutta un'altra cosa quando la sofferenza ti sta proprio davanti. Vi leggo i vv. 11-13.

11 Quando tre amici di Giobbe vennero a sapere di tutte queste sciagure che si erano abbattute su di lui, vennero ciascuno dal suo paese, Elifaz di Teman, Bildad di Shuah e Tsofar di Naamath; essi infatti si erano messi d’accordo per venire a fargli le condoglianze e a consolarlo. 12 Alzarono gli occhi da lontano ma non lo poterono riconoscere; allora si misero a piangere a gran voce, e ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere gettandola verso il cielo. 13 Poi si sedettero accanto a lui per sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse una sola parola, perché vedevano che il suo dolore era molto grande.” (Giobbe 2:1-13 LND)
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29/05/2011 10:58

Questi tre amici venivano da diversi paesi. Avendo sentito delle sciagure che avevano colpito Giobbe. Perciò, si misero d'accordo per venire a fargli le condoglianze e a consolarlo. Infatti, la vera amicizia non è solo qualcosa per i tempi buoni, ma anche e soprattutto, per i tempi difficili. Infatti, nei momenti più difficili si può scoprire chi sono i veri amici. Tu sei un vero amico?

Una cosa che mi colpisce è che quando hanno visto Giobbe, ancora da lontano non lo hanno riconosciuto. La condizione di Giobbe era così terribile che questi suoi amici non lo riconoscevano. Vedendo la sua sofferenza colpì loro così tanto che si misero seduti accanto a lui per sette giorni e sette notti senza dire una parola.

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29/05/2011 10:59

Anche qua, dobbiamo fermarci per valutare la profondità di queste parole. Quanto spesso manchiamo di trarre beneficio dalla nostra lettura, perché leggiamo con fretta, senza veramente fermarci per pensare e meditare su quello che abbiamo letto.

Allora, pensiamo a quello che abbiamo appena letto. Che cosa vuol dire sedersi per terra accanto ad un sofferente per sette giorni e notti senza dire una parola? Chi di voi ha mai passato una giornata intera, solo un giorno, non sette seduto accanto ad una persona in sofferenza senza dire parola, perché non c'erano parole adeguate?

Anzi, chi di voi ha mai passato soltanto quattro ore accanto una persona che soffriva senza dire parola?

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29/05/2011 10:59

Questi uomini non sono rimasti seduti là solo per un giorno intero, bensì sette giorni e sette notti! Quanto terribile era la sofferenza di Giobbe, da provocare questa reazione in loro. Sono venuti per consolarlo ma la sofferenza di Giobbe era così terribile che furono così colpiti che ci sono voluti sette giorni prima di poter dire alcuna parola.

Delle volte, prima di poter trovare parole giuste da dire, abbiamo bisogno di sentire la sofferenza della persona. Quando uno soffre, spesso il vero bisogno non è soprattutto di tante parole, ma è di avere qualcuno che ti rimane accanto per portare il peso insieme.

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29/05/2011 10:59

Infatti, in momenti di grande sofferenze, spesso se le parole vengono dette senza un vero appoggio, valgono poco o nulla. Ricordate il comandamento in Efesini 4:15, in cui leggiamo che dobbiamo dire la verità nell'amore. Quando uno soffre, l'amore è di condividere le sue sofferenze con lui. Questo è l'amore e per dire le parole di verità, serve anche l'amore.

applicazione
A questo punto, avendo considerato le verità di questo capitolo di Giobbe, ci resta la domanda importante: che cosa ne faremo? Quando leggiamo la Bibbia, cosa facciamo con le verità che troviamo, leggiamo come dovere? Leggiamo con una semplice curiosità intellettuale, o perché ci piace imparare?

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29/05/2011 11:00

Se leggiamo così ci giova pochissimo. La Bibbia serve per capire, in modo da conoscere di più Dio e per cambiare la nostra vita.

Allora, quali sono le verità in questo passo di Giobbe che possono aiutarci a conoscere meglio Dio e a vivere più per fede?

Prima di tutto, come abbiamo visto anche nel capitolo uno, ricordiamo che c'è uno retroscena in cielo, Dio ha i suoi scopi per quello che fa ma solitamente queste cose non vengono rivelate a noi. Questo è proprio un punto centrale di Giobbe. Dio non ci rivela il motivo per cui fa quello che fa e permette quello che permette, ma ha sempre il suo motivo perfetto. Quindi, per avere pace, dobbiamo vivere per fede, non per visione. Viviamo per la fede che Dio sa quello che sta facendo.

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29/05/2011 11:00

Ricordiamo anche la verità che abbiamo già visto, che Satana non può fare nulla se non permesso da Dio. Il male non può accaderci se non è secondo il piano perfetto di Dio. Quindi, possiamo dormire tranquilli, non perché non può arrivarci qualche male ma perché nessun male sbagliato ci arriverà mai.

Pensando all'esempio della moglie di Giobbe ricordiamo che possiamo essere strumenti di Satana, se non siamo attenti. In questo caso Giobbe non è caduto, ma sua moglie ha fatto tanto male cercando di farlo peccare. Lei vedeva i suoi problemi come ingiusti e in base a quel modo sbagliato di vedere le cose, spronava lui a peccare contro Dio.

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29/05/2011 11:00

State in guardia contro il grave peccato di tentare altri a peccare. Quando qualcuno subisce qualche male, anziché parlare come se fosse un'ingiustizia, dobbiamo aiutarlo a ricordare che non meritiamo alcun bene da Dio, e perciò è da accettare ogni male, come abbiamo accettato anche il bene da Dio.

Pensate anche al grave peccato di lamentarsi

Infatti, se abbiamo accettato il bene da Dio, non dobbiamo accettare anche il male?

Visto che per natura meritiamo solo il male e invece Dio ci ha ricolmato di beni, non dobbiamo cadere nel grave peccato di lamentarvi lamentarci quando arrivano dei mali. Piuttosto impariamo ad essere mansueti seguendo l'esempio di Giobbe, accettando tutto quello che la mano amorevole e saggia di Dio ci dà. Dio ha sempre il suo scopo per quello che fa, anche se spesso per aiutarci ad avere più fede non ci rivela il motivo per cui ci manda una data prova. Accettiamo tutto quello che Dio ci dà, pregando di non venire meno nella fede in Lui.

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29/05/2011 11:00

Infine, preghiamo di crescere nel saper soffrire con quelli che soffrono e gioire con quelli che gioiscono. Quando uno soffre, certamente possono servire parole di verità, ma quanto è importante che quelle parole vengano dette e coperte con amore. Oh! Che Dio ci aiuti ad amare di più coloro che soffrono.

Ringrazio Dio per questo libro ricco. Prego che possiamo imparare quello che Dio ha per noi qui. Impariamo dall'esempio di Giobbe!

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29/05/2011 11:01

Lezioni da Giobbe 3-6:
non dobbiamo attenderci le benedizioni terrene in base ai nostri meriti
di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org per mercoledì, 7 aprile, 2010 ---- cmd na -----
Parole chiave: Giobbe, sofferenze, benedizioni materiali e salute, vangelo della prosperità, falso insegnamento

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29/05/2011 11:01

Cominciamo con il ricordare quello che abbiamo già visto nei capitoli 1 e 2 del libro di Giobbe. Dio ci permette di vedere quanto accade dietro le quinte in cielo riguardo a quello che avverrà nella vita di Giobbe, cosa che Giobbe stesso non può vedere. Similmente, nella nostra vita, Dio non ci permette di vedere dietro le quinte. Dobbiamo fidarci della persona di Dio, sapendo che Dio è in controllo di tutto anche se, magari al momento in cui determinate cose succedono, non ne comprendiamo il perché Dio le faccia o le permetta.

Nei capitoli 1 e 2, Giobbe subì terribili mali, aveva immensa sofferenza, aveva il cuore rotto dalla perdita dei figli, dei servi e dei suoi animali.

Poi a Satana fu permesso di fargli perdere la salute e l'unica rimasta della famiglia, sua moglie, lo disprezzava e lo istigava a maledire Dio e a morire. Nonostante le sofferenze, Giobbe continuò a fidarsi di Dio.

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29/05/2011 11:01

Poi tre amici arrivarono per consolarlo e furono talmente colpiti dal livello delle sue sofferenze che restarono in silenzio per sette giorni, seduti per terra con Giobbe, senza dire parola alcuna. Il capitolo 3 inizia a questo punto con lo sfogo di Giobbe.

Giobbe si sfoga
Giobbe ha questi amici là con lui, ma questi amici non hanno parole di incoraggiamento. Perciò, con la sofferenza che continua ad imperversare nella sua vita, Giobbe diventa spiritualmente stanco e manifesta questa sua stanchezza con uno sfogo.

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29/05/2011 11:02

Leggiamo assieme il capitolo 3:

“1 Allora Giobbe aprì la bocca e maledisse il giorno della sua nascita. 2 Così Giobbe prese la parola e disse: 3 «Perisca il giorno in cui nacqui e la notte che disse: "È stato concepito un maschio!". 4 Quel giorno sia tenebre, non se ne curi Dio dall'alto, né splenda su di esso la luce! 5 Se lo riprendano le tenebre e l'ombra di morte, si posi su di esso una nube, la tempesta del giorno lo spaventi! 6 Quella notte se la prenda l'oscurità, non sia inclusa nei giorni dell'anno, non entri nel conto dei mesi! 7 Sì, quella notte sia notte sterile, non penetri in essa alcun grido di gioia. 8 La maledicano quelli che maledicono il giorno, quelli esperti nell'evocare Leviathan. 9 Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, aspetti la luce, ma non ne abbia alcuna e non veda lo spuntar del giorno,
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29/05/2011 11:02

10 perché non chiuse la porta del grembo di mia madre e non celò il dolore ai miei occhi. 11 Perché non sono morto nel grembo di mia madre? Perché non spirai appena uscito dal suo ventre? 12 Perché mai mi hanno accolto le ginocchia, e le mammelle per poppare? 13 Sì, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei riposo, 14 insieme ai re e ai consiglieri della terra, che si sono costruiti rovine desolate, 15 o insieme ai principi che possedevano oro o che riempirono d'argento i loro palazzi. 16 O perché non sono stato come un aborto nascosto, come bimbi che non hanno mai visto la luce? 17 Laggiù i malvagi smettono di tormentare, laggiù riposano gli stanchi. 18 Laggiù i prigionieri stanno tranquilli insieme, senza più sentire la voce dell'aguzzino. 19 Laggiù ci sono piccoli e grandi, e lo schiavo è libero dal suo padrone.
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