Nel 1994-95 il papirologo tedesco Carsteu Peter Thiede propose la datazione di p.64 alla fine del I secolo, sulla base di nuovi elementi, non posseduti da Colin Robert, provenienti da un papiro di datazione sicura ritrovato a Ossirico, somigliantissimo come “goccia d'acqua” al Magdalen, e altri papiri sempre di datazione sicura, nonché papiri di Qumran databili non oltre il 68-70 d.C. (data della chiusura delle grotte), e anche papiri di Ercolano (presenza di forme grafiche mediterranee, dovute all'impero romano), databili non oltre l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Carsteu Peter Thiede ha utilizzato poi le tecnologie più moderne come la microscopia elettronica.
Così il p. 64 / p.66 è il più antico papiro del N.T. vicinissimo alla morte e risurrezione di Gesù.
Ritornare alla datazione di Colin Robert non è più possibile, anche se non è mancata una certa resistenza da parte di alcuni, mossi da contrarietà alla storicità dell'evento cristiano, piuttosto che da intento oggettivamente scientifico.
I frammenti sono in greco. Notizie storiche ci dicono che il vangelo di Matteo venne scritto originariamente in aramaico, così la datazione sostenuta da Thiede viene ad affermare che la sua traduzione in greco avvenne a pochissima distanza di tempo. Ha certamente valore l'ipotesi che la traduzione avvenisse a seguito del Concilio di Gerusalemme (At 15,6s), che sancì l'apertura del Vangelo ai pagani senza che questi fossero obbligati alla circoncisione e ad osservare le altre pratiche della legge di Mosè.
Va considerato infine il papiro 7Q5, frammento piccolissimo di rotolo rinvenuto a Qumran, anche se non ancora oggetto di universale consenso. Il frammento, contenente solo 20 lettere su 5 righe, è in greco ed è stato datato dal papirologo Robert Colin (1972) al 50 d.C. Misura 3,9 cm di altezza e 2,7 cm di larghezza. Si trova nel Museo di Gerusalemme.
Alcuni hanno attribuito il frammento a 2Sam 5,13-14 - versione in greco dei LXX - (pare lo stesso Robert Colin 1972) o a 2Sam 4,12-5,1 o a Es 36,10-11 (Paul Garnet 1973) o a Zac 4,12-5,1 (Maria Vittoria Spottorno, 1992; la professoressa presenta però una parafrasi di Zc 4,12-5,1).
Il papirologo José O'Callaghan, sacerdote della Compagnia di Gesù, nel 1972 lo attribuì a Mc 6,52-53: “...perchè non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret...". Tale attribuzione fu subito contestata, ma sulla base di reazioni personali che attingevano a posizioni del razionalismo, piuttosto che di oggettività scientifica. Attori della contestazione furono: il prof. Kurt Aland, che sbagliò la programmazione del computer e così i suoi risultati furono errati, gli specialisti della École Biblique di Gerusalemme, e altri. Ai chiarimenti presentati da O'Callaghan si oppose il silenzio, eppure il curriculum di O'Callaghan si presentava quanto mai prestigioso. Dottore in filosofia presso l'Università di Madrid, dottore in filologia classica presso l'università di Milano, insegnante presso importanti centri di studio europei. Docente di Papirologia e Paleografia Greca, nonché di Critica Testuale presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma. Qui è stato anche decano della Facoltà Biblica. Direttore del Seminario di Papirologia dell'istituto di Teologia Fondamentale di S. Cugat del Vallès, in Barcellona.
Tutto sembrava sepolto, ma nel 1987 il papirologo tedesco, di religione anglicana, Carsten Peter Thiede sostenne di nuovo l'attribuzione di O'Callaghan. Nell'ottobre del 1991 ci fu un Simposio presso l'Università di Eichstatt e in generale si ebbe un'opinione favorevole all'attribuzione del papiro a Mc 6,52-53, restava tuttavia chi era pronto a sostenere altra attribuzione (Spottorno, Julio Trebolle). Il papirologo F. Rohrhirsch pubblicò subito un libro favorevole alla identificazione in Mc 6,52-53.
Nel 1995 O'Callaghan riaffermò la sua attribuzione col libro “Los testimonios más antiguos del Nuevo Testamento. Papirología neotestamentaria”. (En los origines del cristianismo 7), ed. El Almendro, Cordoba, 1995. Nel 1996 Carsten Peter Thiede ne sostenne nuovamente l'attribuzione con una nuova pubblicazione, con traduzione in italiano: “Qumran e i Vangeli. I manoscritti della grotta 7 e la nascita del Nuovo Testamento, Milano: Massimo, 1996”.