Ma continuando a leggere, trova queste parole penetranti: “Ma io ho questo contro di te: hai lasciato il primo amore” (2:4). Gesù avverte il pastore: “Ricordati dunque da dove sei caduto, ravvediti e fa' le opere di prima; se no verrò presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi” (2:5). Il pastore di Efeso si sarà offeso per questo. Avrà pensato: “Pentirmi? Altrimenti rimuoverà la nostra testimonianza? Che parole scioccanti. Come può essere una cosa del genere? Siamo credenti del patto. Siamo stati giustificati per fede. Siamo stati caritatevoli, amorevoli, benigni. Ora dobbiamo tornare in dietro e iniziare tutto daccapo? Come potrei mai leggere una lettera del genere alla mia congregazione?”.
Badate bene, queste parole erano dirette ad una congregazione pia. Perciò, questa doveva essere una questione veramente seria agli occhi del Signore. Altrimenti perché avrebbe dovuto dire cose del genere ad una chiesa dall’esempio brillante? Stava dicendo al pastore: “Il tuo primo amore per me non è come quello di una volta. Hai tralasciato la tua comunione con me. Ora, pentiti”. Gesù lo chiarisce: tutto aveva a che fare con la Sua presenza. Sì, gli Efesini erano stati diligenti nel fare le buone opere. Ma non erano più in comunione intima con il Signore. Nel capitolo seguente, Cristo riassume il suo messaggio a tutti e sette i pastori e alle loro congregazioni. E le sue parole dicono: “Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me” (3:20). Troppo spesso i cristiani non aprono la porta del loro cuore a Gesù. Quando Egli bussa, non sono neanche a casa. Al contrario, sulla loro porta c’è un cartello che dice: “Caro Signore, sono fuori per ministrare in ospedale, dopo vado in carcere. Ci vediamo in chiesa”.